mercoledì 14 novembre 2007

Il Film di Novembre di TICHOFILM


BRIDGE OVER THE WADI (Tomer e Barak Heymann, Israele, 2006, 55', col.)

Tomer Heymann, dopo l'acclamato Paper Dolls (Berlinale Panorama 2006) dedicato ai migranti filippini in Israele, torna ad affrontare con sensibilità ed acume i nodi irrisolti della storia del suo paese, questa volta a quattro mani con il fratello e produttore Barak.

Due anni dopo l’inizio della Seconda Intifada, un gruppo di genitori palestinesi ed ebrei decidono di fondare una scuola bi-nazionale e bi-lingue nel villaggio palestinese di Ara in Israele.
Il documentario racconta il primo anno di scuola e il fragile tentativo di creare un ambiente di convivenza sullo sfondo della difficile realtà esterna, osservando le vicende personali dei protagonisti, i bambini e i rispettivi genitori. Mentre gli adulti cercano, senza riuscirvi, di nascondere i loro timori, i bambini e le bambine parlano con semplicità e sincerità, riflettendo gli enormi problemi e contraddizioni nei quali vivono, la paura reciproca e il razzismo ma anche la gioia e la curiosità di fronte a nuovi amici con cui giocare.

Il film segue così con discrezione ma senza ipocrisie né censure le mille difficoltà in cui l'esperimento di coeducazione sembra continuamente sul punto di fallire. Ma il candore, la spontaneità e la voglia di vivere dei bambini fanno da controcanto alle disperanti condizioni esterne, e agli evidenti limiti degli adulti.

Anche se, a fronte dei molti problemi, alcuni genitori decidono di ritirare i figli dalla scuola durante il primo anno, nel secondo tuttavia il numero degli iscritti raddoppia. Un segno di speranza?

I fratelli Heymann firmano un film di straordinario coraggio e delicatezza e si confrontano apertamente con le grandi questioni storiche e politiche che dilaniano il loro paese, sapendosi mettere all'altezza dei loro piccoli protagonisti, i veri eroi della storia.


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Il progetto di scuole Hand in Hand di cui Bridge Over the Wadi fa parte

domenica 30 settembre 2007

Cinema e Web 2.0


Vi segnaliamo un articolo pubblicato sul nostro portale www.cinema-invisibile.com, che sviluppa un tema che sta acquistando sempre più importanza nel mondo di Internet: il CINEMA 2.0 (il cosiddetto open cinema).

L'autore, Federico Bo, analizza il mondo del cinema da un punto di vista molto particolare: il fare cinema oggi, in rapporto alle nuove dinamiche della rete. Si parla di "creatività condivisa, filmmaking collaborativo, produzione orizzontale e distribuzione digitale alternativa", aprendo nuove e interessanti prospettive su un tema ancora poco discusso in Italia.

Leggi l'articolo: Il cinema 2.0, di Federico Bo

giovedì 13 settembre 2007

Le uscite di Settembre di TICHOFILM (2)


UN RACCONTO INCOMINCIATO (Felice D'Agostino e Arturo Lavorato, Italia, 2006, 80 min, col.)

Felice D’Agostino e Arturo Lavorato, autori de Il canto dei nuovi migranti, premio DOC2005 al Torino Film Festival, presentano un nuovo capitolo della loro personalissima ricerca visiva sulla loro terra d'origine: la Calabria.

Nell'atmosfera lunare di un'alba marina, tre pescatori seduti sul muretto scrutano immobili il mare, illuminati dalla luce artificiale dei lampioni. Il racconto inizia così, e ci trasporta nella vita quotidiana degli abitanti di Nicotera Marina, piccolissimo paese della costa calabrese. Un'unica voce ci accompagna in questo viaggio, una voce consapevole e partecipe, che illumina di umanità i luoghi, i corpi e i volti di questa remota periferia d'Europa, quella di Saverio: "I pescatori di Nicotera Marina hanno creato un mondo a parte. Hanno un rapporto privilegiato con l'assoluto. Ogni volta che prendono il largo, partono verso la libertà. Sono innamorati di questa forza centrifuga. L'anticamera dell'assoluto è la natura".

Lavorando con la luce abbagliante del sole e con i riflessi del mare, i due registi creano un documentario poetico in cui le immagini finalmente raccontano più delle parole un mondo pieno di conflitti, contraddizioni e bellezza.


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mercoledì 12 settembre 2007

Le uscite di Settembre di TICHOFILM (1)



BAREBACK [Paul Vecchiali, Francia, 2006, 89 min, col.]
O dell'amore ai tempi dell'AIDS


Un cineasta di una certa età, nascosto dietro gli occhiali da sole sulla spiaggia di Ramatuelle, viene riconosciuto e avvicinato da un uomo che gli propone di mettere in scena le sue avventure personali. Una storia d'amore e di sesso “bareback”, cioè non protetto, sullo sfondo dell'Aids. La storia appare però banale al regista, che rifiuta il progetto. E' la rinuncia del cinema a raccontare la vita? I corpi? L'amore? Il sesso? E' la vita che deborda il cinema o è il contrario? Eppure in Bareback, grazie anche al corpo "eccessivo" del protagonista, fuori standard non solo per i canoni asettici, depilati ed esclusivi dell'estetica gay, il cinema racconta, riflette (su) se stesso.

Il cartello iniziale del film recita: "Questo film vuole essere materia di riflessione sulla pratica, cruciale ai nostri giorni, dei rapporti non protetti, sia per la popolazione omosessuale (come in questo caso) sia per la popolazione etero". Forse anche il cinema è un rapporto non protetto, se ci si lascia affascinare dalle immagini che scorrono. Al cinema ne va della vita, come nel sesso e nell'amore, e la potenza di questo film sta anche nel dare improvvisamente visibilità, ma anche complessità, a una malattia che continua a mietere vittime, ma di cui non si parla più.


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martedì 11 settembre 2007

La vittoria di Bilin

Un reportage della TV franco-tedesca ARTE sul villaggio palestinese di Bilin e la recentissima ri-acquisizione dei propri territori occupati da Israele:


giovedì 6 settembre 2007

Il Cinema in Strada


Vi segnaliamo un evento imperdibile per chiunque si trovi dalle parti di Torino: è iniziata da ieri la quarta edizione del Festival di Popoli e di Cinema in Strada, un festival itinerante che coinvolge cinque diverse piazze torinesi, dove verranno proiettati gratuitamente (in lingua originale con i sottotitoli in italiano) dei film provenienti da tutte le parti del mondo, fortemente rappresentativi delle diverse culture che compongono la città di Torino.

Il festival, patrocinato dalla Città di Torino, è organizzato dalle intrepide ragazze di i 313, un'associazione culturale fondata nel 2004 con l'intento di promuovere forme di dialogo e di incontro tra culture diverse. Il festival di CinemaInStrada, che si svolgerà dal 5 al 28 settembre, è una delle tante iniziative dell'associazione, che utilizza proprio il cinema quale esperienza culturale condivisa, capace di riunire intorno a sè persone che vivono in uno stesso territorio pur provenendo da Paesi differenti.

Scarica il programma del Festival

mercoledì 5 settembre 2007

Bilin My Love

[Shai Carmeli Pollak, Palestina/Israele, 2006, 84 min, col.]


Nella prossima edizione del Festival di Cinema Ambiente (Torino, 11-16 ottobre 2007) verrà presentato il film del regista israeliano Shai Carmeli Pollak, Bilin My Love, un documentario che racconta le vicende del villaggio palestinese di Bilin, nei Territori Occupati. La presentazione avverrà nell'ambito della sezione speciale dedicata ai diritti umani, realizzata in collaborazione con Amnesty International.

A partire dal gennaio 2005, il villaggio di Bilin ha organizzato delle proteste settimanali contro l’edificazione della cosiddetta "Barriera di Separazione" in Cisgiordania da parte del governo di Israele: proteste assolutamente non violente che hanno attratto non solo l’attenzione dei media ma anche la partecipazione diretta di diversi gruppi della sinistra israeliana e di attivisti internazionali. Il film è una cronaca puntuale di queste manifestazioni e sa raccontare la sete di giustizia e il senso di impotenza dei suoi abitanti.

Inoltre è proprio di oggi la notizia della BBC che la Corte di Giustizia israeliana ha decretato illegale l'attuale percorso del Muro intorno al villaggio di Bilin e ne ha ordinato lo smantellamento per circa due chilometri. Una piccola vittoria per Bilin, dopo quasi tre anni di manifestazioni e denunce, a cui va tutta la nostra solidarietà.

Il film di Pollak è disponibile in streaming sul catalogo TichoFilm.


domenica 2 settembre 2007

4 mesi 3 settimane 2 giorni

[Cristian Mungiu, Romania, 2007, 113 min, col.]


Eccoci di nuovo qui, dopo la lunga assenza. Finita l'estate, arrivano i film di Cannes finalmente. E questo che vi proponiamo è il film che ha vinto la Palma d'Oro, un film che vi consigliamo di non perdere. Il tema è nuovamente quello dell'aborto: questa volta però non è la Londra anni Cinquanta di Vera Drake a fargli da sfondo, ma la spettrale Romania degli ultimi anni di Ceausescu.

Un film che riesce a superare l'inevitabile retorica e a mostrarci un pezzo di mondo e una storia individuale con assoluta lucidità e intelligenza. Non è solo il dramma di una scelta in un paese in cui l'aborto era vietato e punito con la prigione, ma anche la deriva di una società fondata sull'oppressione e la paura: il grigiore delle strade, le code davanti ai negozi e il mercato nero, i lunghi e desolati corridoi, i volti delle persone impassibili e freddi, la corruzione generalizzata. La forza del film sta nel parlare di aborto proprio in rapporto a tutto questo, tanto più drammatica perchè passa attraverso lo sguardo di una ragazza che apparentemente sembra esterna al problema ma che invece diventa gradualmente la protagonista di un incubo che la coinvolge personalmente.

Girato con mezzi essenziali, il film inoltre utilizza magistralmente i piani sequenza, camera fissa e lunghi silenzi che da soli servono a gridare tutto il senso di disperazione della storia che intende raccontare.

Buon ritorno al cinema!

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Sito ufficiale

martedì 31 luglio 2007

Ciao Michelangelo!


"Vedere per noi è una necessità. Anche per un pittore il problema è vedere. Ma mentre per il pittore si tratta di scoprire una realtà statica o anche un ritmo se vogliamo ma un ritmo che si è fermato nel segno, per un regista il problema è cogliere una realtà che si matura e si consuma, e proporre questo movimento, questo arrivare e proseguire, come nuova percezione. Non è suono: parola, rumore, musica. Non è immagine: paesaggio, atteggiamento, gesto. Ma un tutto indecomponibile steso in una sua durata che lo penetra e ne determina l'essenza stessa. Ecco che entra in gioco la dimensione tempo, nella sua concezione più moderna. È in questo ordine di intuizioni che il cinema può conquistare una nuova fisionomia, non più soltanto figurativa. Le persone che avviciniamo, i luoghi che visitiamo, i fatti a cui assistiamo: sono i rapporti spaziali e temporali di tutte queste cose tra loro ad avere un senso oggi per noi, è la tensione che tra loro si forma."

[Michelangelo Antonioni, in Cinema Nuovo, n. 164, luglio 1963]



venerdì 27 luglio 2007

L'enfant terrible del cinema sovietico

[Dva v odnom, Russia/Ucraina, 2007, 124 min, col.]


L'ultimo film di Kira Muratova, Dva v odnom (Due in uno), è stato presentato in anteprima all'ultimo Tribeca Film Festival di New York dello scorso aprile. Attualmente il film, dopo aver ottenuto il premio Nika (l'Oscar russo!) come miglior film dei paesi dell'Unione Stati Indipendenti (SNG) e dei Paesi Baltici, sta circolando in diversi festival russi e arriverà nelle sale moscovite il prossimo autunno. Intanto è in produzione un nuovo film, Melodija dlja sharmanki (Melodia per organetti a manovella), che sarà terminato nel 2008.

Kira Muratova è una delle più acclamate e insieme controverse registe della storia del cinema sovietico e oggi del cinema contemporaneo ucraino (vive e lavora a Odessa e continua a produrre film alla veneranda età di 73 anni), ma anche una delle più sottovalutate e ingiustamente ignorate all’estero. La maggior parte dei suoi film, infatti, non hanno trovato un circuito di distribuzione in Europa e circolano prevalentemente in ambito festivaliero. Tuttavia si registra negli ultimi anni una sempre maggiore attenzione al suo cinema, come testimoniano recenti convegni e retrospettive a lei dedicate nel Regno Unito e negli Stati Uniti, l’ultima monografia pubblicata dalla ricercatrice americana Jane Taubman, o ancora, qui da noi, la messa in onda di tutti i suoi film nella programmazione notturna di Fuori Orario su RaiTre.

Il cinema di Kira Muratova è un cinema dell’Assurdo, surrealista, che mette in scena il nonsense dell’esistenza, l’assenza di direzione e di qualsivoglia speranza nel trascendente, la rottura del linguaggio, l’alienazione e la violenza dei rapporti umani dopo lo smascheramento post-sovietico: temi che indirettamente raccontano anche il processo di frammentazione nel paese e nella società russa contemporanea.

I suoi film sono tuttora piuttosto “scomodi” e difficili da accettare, suscitando spesso reazioni contrastanti, dall’entusiasmo allo sconcerto, ma la critica russa e ucraina stimano la Muratova quale una dei pochissimi registi rimasti di valore mondiale. E anche all’estero ha avuto importanti riconoscimenti, vincendo diversi premi internazionali.

Ci auguriamo che prima o poi riusciremo a vederla anche nelle nostre sale cinematografiche!

sabato 21 luglio 2007

Voglio fare un film

[Le variazioni del signor Quodlibet. Film-studio in III variazioni - Fabrizio Ferraro, Italia, 2006, 55 min, b/n]


È appena terminato il nuovo film del Gruppo Amatoriale, scritto e composto da Fabrizio Ferraro, con Marco Teti e Antonio Sinisi: Suite in Amore / Alto, Basso, Sotto.

Il Gruppo Amatoriale, fondato da Fabrizio Ferraro, Pulika Calzini e Vania Castelfranchi con il contributo di Fernando Birri, è una sorta di scuola di pensiero o comunità di intenti che ha avviato una complessa riflessione sulla natura e il significato del cinema e del "fare immagini".

Uno degli elementi fondamentali di questa riflessione è la volontà di recuperare il valore dell'immagine cinematografica, violentata ed esautorata dalla riproduzione meccanica dei nuovi mezzi digitali: un progetto che nasce dalla necessità intellettuale di "rilanciare una pratica estetico-politica che possa saper utilizzare e gestire i nuovi mezzi tecnici, con una consapevolezza e con un fare che faccia esplodere tutte le contraddizioni interne a questo nuovo modo di relazionarsi e di produrre opere audiovisive" [F. Ferraro, read more].

Uno dei film di Fabrizio Ferraro, Le variazioni del signor Quodlibet. Film-studio in III variazioni, è disponibile su www.tichofilm.com. Rifacendosi alla struttura del quodlibet bachiano, questo film riprende tre momenti diversi di Fabio Quodlibet (interpretato da Aldo Maria Pennacchini), un attore che vuole a tutti i costi "fare un film" ma non ha i soldi per realizzarlo. Tra una variazione e l'altra, intervallata dalla musica di Bach e dall'incessante, ossessiva penuria di denaro, Le variazioni del signor Quodlibet rappresenta un vero e proprio manifesto dell'Amatorialità, un appello disperato a riappropriarsi delle immagini, un trattato filosofico sulla crisi della modernità e la deriva del linguaggio: un film sulla parola, urlata, ripetuta fino al parossismo, che è insieme pura emissione vocale, rumore, sfogo verbale; un film sull'impossibilità del racconto e della rappresentazione, costretta a ripiegare su se stessa e a concentrarsi sul gesto che la genera e sui modi in cui essa deve proseguire nonostante tutto.

"In questa fase non c'è più spazio per la rappresentazione, ma solo per il gesto, il gesto immobile, unico elemento veramente legato al senso della vita. Solo l'atto bisogna rappresentare, una meccanica espressione di un disagio, dinanzi ad una macchina da presa o telecamera: il disagio di una maschera che racchiude in sè ogni movimento: quello fisico e vocale. Bisogna opporsi alla velocità di costruire una nuova densità del tempo, per far pesare come un macigno ogni secondo che passa."
[citazione da Le variazioni del signor Quodlibet]


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martedì 17 luglio 2007

Un portale sul cinema


Arriva on line www.cinema-invisibile.com, un nuovo portale dedicato al cinema, gestito dalla casa di distribuzione TichoFilm.

Un sito nuovo che si propone di mettere in luce ciò che resta invisibile agli occhi della grande distribuzione italiana e che nella maggior parte dei casi è accessibile soltanto ad una cerchia ristretta di frequentatori di festival e addetti ai lavori.

www.cinema-invisibile.com offre non solo recensioni e approfondimenti sui film del catalogo Ticho, ma anche su tutte quelle produzioni cinematografiche che arrivano di passaggio nei festival internazionali o reperibili solo in altri paesi. E poi curiosità e notizie sul mondo del cinema in generale, festival, rassegne, multimedia. Un diario del cinema che non si vede, di quello che si vedrà ma anche di quello che, fortunosamente, si riesce già a vedere, sul grande schermo, in televisione, in homevideo o davanti al computer.

Un progetto ambizioso ed entusiasmante che TichoFilm si prefigge di sviluppare e migliorare sempre di più anche grazie al contributo di appassionati e cinefili che vorranno collaborare con loro. Il sito è infatti concepito come uno spazio libero, animato dagli stessi utenti e visitatori, che hanno la possibilità di commentare, partecipare a delle discussioni sugli argomenti più disparati e pubblicare i propri lavori.

Buone visioni!

lunedì 16 luglio 2007

The Settlers

[Ruth Walk - Israele, 2001]



La banalità della follia, quella del più fanatico gruppo di coloni ebrei a Hebron.

The Settlers racconta la vita quotidiana di sette famiglie nel quartiere di Tal Rumeida. Nell'assurdo tentativo di preservare la "normalità", i coloni ignorano la situazione politica in cui vivono e soprattutto si rifiutano di riconoscere l'esistenza degli oltre 120.000 abitanti palestinesi. La loro vita quotidiana è scandita solo dalle celebrazioni religiose e dall'esultanza per la conquista di permessi governativi per l'edificazione di nuove abitazioni stabili. Il significato politico della loro presenza su territorio palestinese è assolutamente contraddittorio rispetto al loro numero effettivo e la loro permanenza a Hebron è resa possibile di fatto solo con uno smisurato dispiegamento di militari.

La regista Ruth Walk riesce a superare l'abituale ostilità e a creare un rapporto di fiducia con le persone intervistate, che sono soprattutto donne. Il film diventa così una rara occasione per poter guardare da vicino l'aspetto più estremo e integralista di quella complessa realtà chiamata "i coloni ebrei".

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venerdì 13 luglio 2007

Dancing

[P.Bernard, P.Trividic, X.Brillat - Francia, 2004]


Dancing di Patrick Mario Bernard, Pierre Trividic e Xavier Brillat, premio speciale della giuria al Festival GLBT di Torino del 2004, è il titolo queer del mese di luglio, in uscita su www.tichofilm.com.

René è un artista plastico che fabbrica immagini e oggetti. Il suo mestiere è guardare, prestare attenzione alle cose più imprevedibili: un delfino morto abbandonato, un cargo nero come il carbone, il ritratto di una coppia di artisti di un music-hall anni Cinquanta, due clown con il vestito a quadretti sulla pubblicità di un giornale. Guardare, conservare le immagini nella mente e ritradurle in qualcosa d'altro.

Il laboratorio di René si trova in una vecchia sala da ballo dismessa di una piccola e sconosciuta stazione balneare. René ci lavora e ci vive, insieme al suo compagno Patrick, uno scenografo. Tutto sembra procedere serenamente, ma qualcosa d'un tratto inizia a deragliare. René è turbato da un'inquietudine senza motivo: perché l'immagine dei due clown non vuole più lasciare la sua mente? Finalmente, un giorno d'inverno, quella creatura apparentemente minacciosa arriva, si materializza in carne ed ossa e René si ritrova faccia a faccia col suo doppio.

Dancing è un oggetto affascinante e inclassificabile: film fantastico, opera d'arte, saggio visuale concepito come un home movie. Un diario intimo che diventa film politico capace di oltrepassare le frontiere del genere e dei generi. Un thriller bear in cui la suspence diventa identitaria.

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giovedì 12 luglio 2007

Douce France

a marsiglia c'era il mistral in questi giorni
soffiava forte e liberava il cielo e la mente
c'era anche il fid marseille, il festival international du documentaire
come il vento, anche il festival aveva il pregio di liberare la mente e gli occhi, proponendo una selezione di film audace e sorprendente
contaminando il documentario con la finzione, elidendo e ribaltando i confini

ovviamente non c'erano praticamente film italiani
segno questo di quanto il cinema di "casa" nostra sia fuori da ogni segno di ricerca e sperimentazione
l'unico titolo italiano, forse il più bello del festival però, era "ghiro ghiro tondo" di yervant gianikian e angela ricci lucchi
attraverso una collezione di giocattoli provenienti dal tempo compreso tra la prima e la seconda guerra mondiale, gianikian e ricci lucchi creano un film emozionante in cui si alternano il noir, il film di guerra, la commedia, l'horror puro
e nello spettatore si alternano brividi, riso, paura, ribrezzo

due film entusiasmanti dalle filippine
"autohystoria" di raya martin e "huling balyan ng buhi: or the woven stories of the other" di sherad anthony sanchez
due autori giovani ma con una visione del mondo e del cinema che lascia à bout de souffle
due film completamente diversi e distanti, ma intensi e calati profondamente nella realtà da cui provengono
bisognerebbe farli vedere agli studenti di cinema delle scuole italiane
così...

vento pastis e cinema
vive marseille



Qui tutto è sbagliato

"La vita dovrebbe essere vissuta al contrario.

Tanto per cominciare si dovrebbe iniziare morendo, e così tricchete tracchete il trauma è già bello che superato.
Quindi ti svegli in un letto di ospedale e apprezzi il fatto che vai migliorando giorno dopo giorno.
Poi ti dimettono perché stai bene, e la prima cosa che fai è andare in Posta a ritirare la tua pensione, e te la godi al meglio.

Col passare del tempo, le tue forze aumentano, il tuo fisico migliora, le rughe scompaiono.
Poi inizi a lavorare, e il primo giorno ti regalano un orologio d'oro.
Lavori quarant'anni, finchè non sei così giovane da sfruttare adeguatamente il ritiro dalla vita lavorativa. Quindi vai di festino in festino, bevi, giochi, fai sesso e ti prepari per iniziare a studiare. Poi inizi la scuola, giochi con gli amici, senza alcun tipo di obblighi e responsabilità, finchè non sei bebè.

Quando sei sufficientemente piccolo, ti infili in un posto che ormai dovresti conoscere molto bene.
Gli ultimi nove mesi te li passi flottando tranquillo e sereno, in un posto riscaldato con room service e tanto affetto, senza che nessuno ti rompa i coglioni.

E alla fine abbandoni questo mondo in un orgasmo."

[Woody Allen]

Grazie Giulia!

venerdì 6 luglio 2007

Mario Martone a Torino


Vi segnaliamo un evento da non perdere per chiunque si trovi dalle parti di Torino. Il prossimo giovedì (12 luglio), il regista Mario Martone sarà ospite del Traffic Festival presso i Giardini Reali dalle 18.30 alle 20.00 (ingresso gratuito).

Mario Martone è una figura chiave nella scena artistica partenopea dalla fine degli anni Settanta, quando fondò la compagnia teatrale Falso Movimento, divenendo poi animatore del progetto Teatri Uniti. In seguito regista cinematografico di film quali Morte di un matematico napoletano (1992, premio speciale alla Mostra del Cinema di Venezia), L’amore molesto (1995, in concorso a Cannes e insignito di un David Donatello) e L’odore del sangue (2003), oltre che dell’episodio "La salita" nell’opera collettiva I vesuviani (1997).

Link:
Mario Martone al Traffic Festival

venerdì 29 giugno 2007

post-gay? la rivoluzione del desiderio


Esce in Francia in DVD La Révolution du désir - 1970: la libèration homosexuelle, film documentario di Alessandro Avellis e Gabriele Ferluga.

Ovvero di quando le lesbiche e i gay politicizzavano i loro corpi, i loro desideri, le loro storie per proporre idee alternative di società (e di quotidianità) e non inseguivano modelli conformisti e familistici: insomma quando si pensava che forse era meglio abbattere il diritto di famiglia che sposarsi!

Il film segue le tracce lasciate dal FHAR (Front Homosexuel d'Action Révolutionnaire) e dei suoi due animatori più originali Guy Hocquenghem e Françoise d'Eaubonne (tra l'altro teorizzatrice dell'ecofemminismo al centro di alcuni degli articoli dell'ultimo numero di Zapruder) attraverso interviste e materiali d'archivio dell'epoca.

La figura di Hocquenghem ricorda per certi versi (e soprattutto per i riferimenti intellettuali: Deleuze, Guattari, Foucault) quella di Mario Mieli (a questo proposito vi segnaliamo sempre su Zapruder l'articolo di Cristian Lojacono). Entrambi intellettuali raffinati e militanti, sono riusciti a dare valenza politica e sovversiva alle loro idendità, prima che l'AIDS e la vittoria definitiva della società dello spettacolo normalizzasse gay e lesbiche e li trasformasse in oggetti di marketing, soggetti di consumo e desiderosi di sacra famiglia.

Il film ha il pregio di riaprire lo schermo e la mente su un periodo e un tipo di riflessione che sembrano dimenticati e avrebbero bisogno invece di essere ritrovati per ricostruirsi una cassetta di attrezzi, utili alla sopravvivenza tra la melassa conformista veltroniana (ti dico? o non ti dico?) e la violenza flou berlusconiana.

p.s. - Il film Ma saison super8, sempre di Alessandro Avellis, versione narrativa delle vicende del FHAR e di Guy Hocquenghem e Françoise d'Eaubonne, si può vedere su www.tichofilm.com!



lunedì 25 giugno 2007

XXY

[Diretto da Lucìa Puenzo, Argentina, col, 91min, 2007]


Film d'esordio di Lucìa Puenzo, premiato alla Semaine de la Critique 2007, XXY racconta la storia di Alex, quindicenne ermafrodita che vive insieme ai genitori in un piccolo paese sulla costa uruguaiana.

Alex è alle prese con il suo corpo in crescita e con la nuova posizione che questo esige nel mondo esterno. I genitori, disorientati, cercano di capire cosa sia meglio per Alex. Da Buenos Aires arriva una coppia di amici con il figlio adolescente. Il padre è un chirurgo specializzato nel rimuovere "anormalità" fisiche. Li ha chiamati la madre di Alex convinta che sia arrivata l'ora della scelta definitiva. Alex erra tra le dune di sabbia e il bosco che circonda la sua casa, senza meta, è aggressiva, è dolce, cerca affetto anche attraverso il corpo che sta crescendo. Trova la morbosa curiosità che si riserva alla non normalità. Ma trova anche la forza di opporsi alla mutilazione normalizzante. Decide di non decidere, anzi decide di lasciare che le cose stiano così, di seguire il percorso che il suo desiderio le sta indicando.

Film intelligente e complesso: interessante riflessione su cosa sia normale e cosa no, interessante in epoca di family day e ossessioni ratzingeriane e margheritine; peccato averlo fatto uscire a fine giugno in sala, quando, o sei i Fantastici Quattro al multiplex, o ti vedono in dieci se sei fortunato.

Le immagini sono affogate in un azzurroverde un po' paludoso, un po' di moda tra i e le giovani registe, ma qua hanno probabilmente lo scopo di sur/realizzare la realtà e di rendere più grigia la normalità borghese (rappresentata dalla famiglia del chirurgo). I personaggi hanno potenzialità non sfruttate (a parte Alex e il padre, incontestabili protagonisti del film) e la regia ha dei momenti di impasse abbastanza forti. E tuttavia non puoi fare a meno di riflettere durante e dopo il film, di farti toccare dalla forza degli occhi di Alex (Inés Efron) inquieti, spaventati, fragili e decisi.

Link:
xxylapelicula.com [official site]

domenica 24 giugno 2007

Il Libano alla Biennale


A partire da questo mese fino alla fine di settembre, la 52. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia ospiterà l'opera di un artista a noi molto caro: il libanese Akram Zaatari, di cui TichoFilm vi offre due documentari visualizzabili in streaming sul nostro sito: Majnounak (Pazzo di te, 1997) e Shou Bhebbak (Come ti amo, 2001).

Celebre filmmaker, videoartista e fotografo di Beirut, Zaatari utilizza brillantemente tanto il video quanto la fotografia per indagare le condizioni politiche e sociali del dopoguerra nel suo Paese e avviare una fondamentale riflessione sulla nozione di identità mediata dallo strumento artistico: tematiche quali la sessualità, i ruoli sociali e la memoria rappresentano nella sua opera il passaggio obbligato attraverso il quale si ridefinisce il passato e il presente di una cultura millenaria.

Zaatari è anche tra i fondatori della Fondation Arabe pour l’Image, un’organizzazione no-profit che si propone di raccogliere e presentare la produzione fotografica commerciale del Medio Oriente dal XIX° secolo fino ad oggi. A dieci anni dalla nascita, la fondazione oggi possiede più di 70.000 immagini e rappresenta non solo un importante punto di riferimento per l’arte araba contemporanea ma anche una particolare prospettiva di studio per il mondo occidentale, abituato sempre di più a pensare alla cultura musulmana in termini di violenza e brutalità. Il ruolo della fondazione, infatti, non è solo quello di collezionare le immagini del passato, ma anche e soprattutto quello di ri-contestualizzarle nel presente per svelarne i significati nascosti e ridefinirne il valore attraverso lo sguardo della contemporaneità.

In questo senso, il cinema per Zaatari non è altro che il naturale prolungamento dell’immagine fotografica e i suoi due documentari, Majnounak e Shou Bhebbak, proseguono la sua personale riflessione sui modelli della società libanese contemporanea: entrambi i film presentano delle interviste ad alcuni giovani libanesi che raccontano davanti alla macchina da presa il proprio modo di vivere il corpo e i rapporti di coppia: gli uni rivelano ingenuamente la violenza degli archetipi maschili riguardanti la sessualità e l’influenza della nuova società dei consumi; gli altri, omosessuali in una società in cui l’omosessualità viene punita con la prigione, confessano i propri desideri più intimi e nascosti.

Due eccellenti testimonianze provenienti da un mondo pressochè sconosciuto, il Libano, molto diverso dall'immagine che ci propinano i media. Qui sotto troverete un video di YouTube dove potete ascoltare il regista in persona, ospite di una passata edizione del festival brasiliano Videobrasil di São Paulo.
Buone visioni!



giovedì 21 giugno 2007

Gay Pride Roma 2007


Pubblichiamo un post scritto dal nostro amico Maxime, reduce dal Gay Pride di sabato scorso:

Sguardo sornione, chiaro intento pernicioso, puntuale come un equinozio, ecco farsi strada l’immancabile domanda sul senso di un orgoglio gay. Subito sull’attenti ci si prodiga lesti a sciorinare la pappardella da manuale per cui, in effetti, non si ha gran voce in capitolo sul proprio orientamento sessuale, ma si può scegliere se assecondarlo o meno, facendo invece sì di quella scelta un momento di cui essere “proud”. Eppure, seppur veicolato in tutt’altra direzione, il dubbio sulla validità civile e politica della manifestazione ha un suo perché.

Arroccato nell’autocelebrazione della propria ormai riconosciuta visibilità (conquista ormai decennale), il corteo romano si è snodato tra le vie capitoline scivolando inavvertito alla città, chiusa a sua volta dietro tapparelle abbassate e balconi deserti: un clown istericamente vivace e colorato, intento a ripassare la validità del proprio repertorio, indifferente alla possibilità di coinvolgere pure i passanti. Che c’erano, sparsi qua e là con digitali e usa e getta a immortalare qualche riuscita pacchianata. E ben vengano carrozzoni musica dance a palla, corpi nudi, parodie feroci e patchwork di vestiti marziani, purché il tono anarcoide vitalistico - in sé così dirompente - sia poi anche veicolo di messaggi, oltre che di folclore. I carri per lo più promuovono locali o si bardano di una delle mille tendenze del vasto mondo queer, ma rari sono quelli dei movimenti e ancor più quelli che propugnano un qualsivoglia messaggio compiuto.

Difficilmente inquadrabili poi anche gli interventi conclusivi in Piazza S, Giovanni dove invece di dar voce a una piattaforma politica da cui partire per legittime rivendicazioni, si è preferito un – sorprendente invero, visto il tendenziale doroteismo dell’arcigay – radicalismo seventies piuttosto strampalato con rivendicazioni anche “forti” quali l’autodetassazione e il disconoscimento dalla Repubblica per il mancato riconoscimento dei diritti invocati, interventi che però, fatto salvo qualche clamore demagogico, poco hanno costruito.

Quello di cui c’è bisogno è piuttosto il provocare indignazione feroce (a maggior ragione in quest’anno di disfatte continue) da sublimarsi in autentica militanza fattiva, uniche vere basi affinché una battaglia così ideologicamente ostacolata dalle fortissime componenti reazionarie del paese trovi autentica voce prima sui balconi e le terrazze delle città ospitanti, per poi trasferirsi sugli scranni del Parlamento senza scadere in proposte al ribasso.

Maxime

lunedì 18 giugno 2007

Vier Minuten (Quattro minuti)

[Diretto da Chris Kraus - Germany, col, 112 min, 2006]


È frustrante andare al cinema quando si hanno delle aspettative e ritrovarsi poi delusi e anche un po' arrabbiati per un film che non ti è piaciuto.
Quattro minuti è un altro film tedesco della nostra stagione cinematografica, arrivato da noi dopo il ben più felice Le vite degli altri, sull'onda di un nuovo Neue Deutsche Kino che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe portare una ventata d'aria fresca al cinema tedesco contemporaneo. Pensiamo, ad esempio, ai più o meno recenti Good Bye Lenin, La Rosa Bianca. Sophie Scholl oppure a La caduta. Gli ultimi giorni di Hitler. Comune a tutti questi film, sembra, è la volontà di raccontare la storia della Germania da un altro punto di vista, di rimettere in gioco non solo il passato nazista ma anche quello più recente della DDR, con un cinema costruito essenzialmente sui personaggi, sulle piccole vite individuali in rapporto con l'identità storica e politica del Paese.

Quattro minuti aspira a raggiungere lo stesso obiettivo, peccato però che finisca per cadere miseramente nel didascalismo e nelle ben note categorie del bene e il male. In breve, è la storia di Traude Kruger, un'anziana donna che impartisce lezioni di pianoforte presso il carcere femminile di Luckau. Un giorno la signora Kruger si imbatte in Jenny, una giovane donna dal talento musicale straordinario che riesce comunque ad esprimersi malgrado l'estrema aggressività fisica. Sullo sfondo c'è il passato violento di Jenny e i ricordi dolorosi di Traude, il nazismo e l'amore proibito per un'altra donna uccisa durante la guerra.

Segue una trama intricatissima, dove il passato e il presente si intrecciano in un modo piuttosto ingenuo, mentre i personaggi restano poco credibili e stereotipati. Le guardie del carcere sono cattive, il genio è sempre incompreso, essere lesbica è un problema. In particolare, è quest'ultimo punto una delle cose meno riuscite del film: ormai persi nell'ansia di una narrazione sempre più pesante e inconsistente, non si capisce dove il regista voglia andare a parare e il presunto lesbismo della signora Kruger resta di fatto un elemento di contorno, un particolare piccante del suo passato che stenta a trovare un'autentica relazione con l'esperienza del presente. Aiutateci voi a capirne il senso, se l'avete colto!

Mentre aspettiamo fiduciosi un film che ci dica qualcosa di veramente nuovo...

Link:
http://www.vierminuten.de [official site]

mercoledì 13 giugno 2007

Dogma italico

A proposito del cosiddetto "futuro del cinema italiano", vi inoltriamo questo post del blog Seconda Visione di Radio Città del Capo di Bologna. Il codice deontologico del regista italiano. Spassosissimo:

1) sono vietati i carrelli circolari

2) sono vietate rappresentazioni di donne isteriche e di uomini che non vogliono crescere

3) sono vietate le inquadrature di libri, locandine, quadri se non per fini esplicitamente commerciali o per ragioni narrative fondamentali. Il cinema deve far pensare e non suggerire il modo di pensare giusto o, peggio, suggerire un gusto.

4) è vietato l'uso della voce over per più di trenta secondi per ora di pellicola

5) sono vietate le rappresentazioni di minoranze di ogni genere secondo cliché: basta gitani vitali e furbetti e danzerecci , bravi senegalesi sfortunati, gay autoironici, ecc. Queste caratteristiche ci possono essere ma devono essere mixate ad altri tratti che emergono. Altrimenti è razzismo

6) sono vietate sequenze in casolari ristrutturati, specie se con le ante pitturate in celeste

7) sono vietati gli interni dipinti in giallo arancio/giallo/celeste tenue e dipinti in spugnato o consimili

8) gli esordienti registi, per passare ai lungometraggi, oltre a innovativi corti devono dimostrare di aver girato almeno 3 filmini di matrimonio/battesimo/cresima e di essere stati pagati dalle zie per questo

9) i provini degli attori devono essere eseguiti con accanto un paracarro per la prova di espressività

10) la psicanalisi, se presente, deve essere seria e motivata

11) è vietato il viraggio in seppia (Soderbergh maledetto)

12) sono vietate rappresentazioni di simpatici gaglioffi che negli anni 60/70 volevano cambiare il mondo ma poi sono i traumi, il sesso, le violenze, gli eventi a modificare loro (almeno questo non deve essere il messaggio principale)

13) le attrici non possono indossare gonnelloni lunghi a fiori

14) i trentenni in crisi hanno decine di pessime pellicole sull'argomento in cui ritrovarsi: moratoria di dieci anni su questo tema

15) in un film non possono comparire più di tre canne, non ci possono essere epifanie dovute alla THC. Si può superare questo limite solo se sono presenti altre sostanze stupefacenti.

16) tutti i registi che vogliano cimentarsi in una scena di sesso devono fare un anno di formazione: non ne posso più di gente che non sa girare il sesso, anche quando deve essere squallido la povertà di mezzi non riesce nemmeno a farlo sembrare squallido.

17) le canzoni pop di dieci anni anteriori all’uscita del film devono apparire una sola volta e non devono essere invasive

18) è vietato raccontare la vita degli studenti fuorisede a Bologna

19) a ognuno il suo mestiere: multimedialità non vuol dire che ogni cialtrone può fare qualsiasi cosa. Per scontare Pasolini abbiamo avuto Sepulveda, la Tamaro, Ligabue, Battiato, Paul Auster ecc. Il cinema non è solo un modo di esprimersi, è anche un linguaggio, ed è complesso da utilizzare. Se voglio esprimermi non scrivo liriche in lituano - lingua a me ignota - né organizzo un concerto per chitarra quando so eseguire solo “La canzone del sole” e pure male

20) è vietato il genere "elogio del cazzone" (es. Santa Maradona) - (definizione di A. Pezzotta, per onestà)

21) i personaggi non possono avere rendite petrolifere nascoste. Niente più sottoproletari che abitano in Piazza Navona, niente più traduttori (che vengono pagati un tanto al kilo come le aringhe) che vivono in lussuosi loft, niente disoccupati che hanno case disegnate da architetti di grido.

22) vietata l’apologia del ritorno alla natura. Sono vietate quindi le opposizioni semantiche civiltà cattiva /natura buona, che si manifestino, ad esempio, con "telefonino=cattivo/suono del corno di capra dei Monti Sibillini=buono". Vietati altresì, per le stesse ragioni, i remake di Laguna blu ambientati in Salento

23) vengono istituite delle scuole di dizione e di lingua italiana in sette località del territorio nazionale, lontane dai centri di produzione del cinema. Si propongono: Tarvisio, Cuneo, Gela, Correggio, Empoli, Isernia, Olbia. Gli aspiranti attori dovranno trascorrere in ciascuno di essi un periodo di almeno tre mesi in una sorta di Via Crucis della Crusca

24) i personaggi dei film italiani non possono pretendere di essere più interessanti dei loro spettatori, a meno che non lo dimostrino in modo convincente.

25) i bambini, a meno che non siano diretti da registi tipo De Sica (Vittorio), dovranno essere interpretati da adulti dotati di apposite maschere.

26) diciamo no al veltronismo al cinema.

martedì 12 giugno 2007

L'Italietta perbene

Oggi sulla Stampa di Torino si denuncia un episodio piuttosto raccapricciante: dopo un anno di lavoro per mettere in scena uno spettacolo teatrale di una scuola media di Nichelino (To), il preside ha deciso di bocciare l'intero progetto perchè ci sarebbe stata una parola di troppo nel copione: ebbene sì, la parola "LESBICA"!!!

«Questo tema è troppo forte per dei ragazzi di terza media, soprattutto le classi coi ragazzini più piccoli potrebbero reagire male».

Leggete qui l'altrettanto curioso intervento del giornalista Giuseppe Legato di Torino che invece definisce Vladimir Luxuria il "PIROTECNICO" parlamentare di Rifondazione Comunista!!!

In Italia si sta bene...

lunedì 11 giugno 2007

Palestiniana


Arriva su www.tichofilm.com un nuovo documentario "invisibile" sulla Palestina. The Inner Tour di Ra'anan Alexandrovich. Girato con una semplice videocamera, è la storia di un viaggio di un gruppo di palestinesi attraverso i luoghi più rappresentativi di Israele, il racconto delle loro storie personali, delle inquietudini e i desideri. Turisti e stranieri allo stesso tempo, in un paese a cui sentono di appartenere e dal quale tuttavia sono separati. Un road movie che diventa anche un viaggio nella memoria individuale di ciascuno e nell'identità collettiva di un popolo, quello palestinese, osservato eccezionalmente attraverso gli occhi di un regista israeliano.

Girato nel 2000, The Inner Tour è ancora tristemente attuale. E tanto necessario quanto l'urgenza di parlare di quello che sta accadendo ai giorni nostri. Buona visione
Guarda il trailer!

Breakfast on Pluto

[Diretto da Neil Jordan - Ireland/UK, col, 135 min, 2005]


Dopo "La moglie del soldato", Neil Jordan torna sul tema della tran-sessualità e la sua amata Irlanda con un film discreto, non eccezionale ma piacevole, che oseremmo perfino definire "un capolavoro" se lo confrontassimo con la tremenda programmazione nelle sale italiche di questo inizio estate.

In breve, è ancora una volta la storia di una ricerca: qui è il figlio alla ricerca della propria madre perduta, una figura evanescente dalle sembianze di Mitzy Gaynor che aleggia nostalgicamente nella vita del protagonista. È la storia dell'odissea di Patrick, un trans nella cattolicissima Irlanda, sullo sfondo degli scontri sanguinosi tra cattolici e protestanti, orfano sì ma amato e protetto dalla piccola comunità in cui è nato e cresciuto, da cui decide però di allontanarsi per rincorrere le tracce della madre nella fantomatica Londra degli Anni Settanta.

Patrick-Patricia-Kitten, "la gattina", come si fa chiamare, è sicuramente il personaggio più riuscito del film, interpretato da uno splendido Cillian Murphy e se non fosse per lui, di certo la storia risulterebbe banale e anche piuttosto noiosa. La biondissima, fragile, disadattata Patricia, con i suoi vestitini sgargianti, i tacchi a spillo e i capelli a boccoli, reagisce alla violenza di un mondo che si prende troppo sul serio rifugiandosi nel fantastico, dove può magicamente impersonare i panni di un'attraente cat-woman che uccide i cattivi con lo spray del suo profumo Chanel.

A metà tra una black comedy e una favola moderna, si è scritto in giro... beh, a noi non è dispiaciuto affatto... buona visione

Link:
http://www.sonyclassics.com/breakfastonpluto/ [official site]
http://www.breakfastonpluto.co.uk/ [fan site]

mercoledì 6 giugno 2007

Benvenuti!

Il cinema è sempre più invisibile.

Per lo meno nelle sale cinematografiche.

O si ha la fortuna di riuscire a frequentare festival, rassegne e cineforum o, se ci si affida alla limitata catena di distribuzione italiana, ben pochi sono i film ai quali si ha accesso rispetto all’effettiva produzione mondiale. Altrimenti ci si affida alla rete, ancor più che all'home video.

Il gruppo di persone che anima questo blog ha la fortuna, per il lavoro che svolge, di poter viaggiare e frequentare molti festival internazionali.

Ci piacerebbe che questo blog diventasse il diario del cinema che non si vede, di quello che si vedrà ma anche di quello che, fortunosamente, si riesce a vedere.

Racconteremo le nostre visioni fuori e dentro le sale, davanti ad uno schermo catodico o quello pixellato dei computer, sperando di entrare in contatto con chiunque, come noi, ami il CINEMA.