
A partire da questo mese fino alla fine di settembre, la 52. Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia ospiterà l'opera di un artista a noi molto caro: il libanese Akram Zaatari, di cui TichoFilm vi offre due documentari visualizzabili in streaming sul nostro sito: Majnounak (Pazzo di te, 1997) e Shou Bhebbak (Come ti amo, 2001).
Celebre filmmaker, videoartista e fotografo di Beirut, Zaatari utilizza brillantemente tanto il video quanto la fotografia per indagare le condizioni politiche e sociali del dopoguerra nel suo Paese e avviare una fondamentale riflessione sulla nozione di identità mediata dallo strumento artistico: tematiche quali la sessualità, i ruoli sociali e la memoria rappresentano nella sua opera il passaggio obbligato attraverso il quale si ridefinisce il passato e il presente di una cultura millenaria.
Zaatari è anche tra i fondatori della Fondation Arabe pour l’Image, un’organizzazione no-profit che si propone di raccogliere e presentare la produzione fotografica commerciale del Medio Oriente dal XIX° secolo fino ad oggi. A dieci anni dalla nascita, la fondazione oggi possiede più di 70.000 immagini e rappresenta non solo un importante punto di riferimento per l’arte araba contemporanea ma anche una particolare prospettiva di studio per il mondo occidentale, abituato sempre di più a pensare alla cultura musulmana in termini di violenza e brutalità. Il ruolo della fondazione, infatti, non è solo quello di collezionare le immagini del passato, ma anche e soprattutto quello di ri-contestualizzarle nel presente per svelarne i significati nascosti e ridefinirne il valore attraverso lo sguardo della contemporaneità.
In questo senso, il cinema per Zaatari non è altro che il naturale prolungamento dell’immagine fotografica e i suoi due documentari, Majnounak e Shou Bhebbak, proseguono la sua personale riflessione sui modelli della società libanese contemporanea: entrambi i film presentano delle interviste ad alcuni giovani libanesi che raccontano davanti alla macchina da presa il proprio modo di vivere il corpo e i rapporti di coppia: gli uni rivelano ingenuamente la violenza degli archetipi maschili riguardanti la sessualità e l’influenza della nuova società dei consumi; gli altri, omosessuali in una società in cui l’omosessualità viene punita con la prigione, confessano i propri desideri più intimi e nascosti.
Due eccellenti testimonianze provenienti da un mondo pressochè sconosciuto, il Libano, molto diverso dall'immagine che ci propinano i media. Qui sotto troverete un video di YouTube dove potete ascoltare il regista in persona, ospite di una passata edizione del festival brasiliano Videobrasil di São Paulo.
Buone visioni!
Celebre filmmaker, videoartista e fotografo di Beirut, Zaatari utilizza brillantemente tanto il video quanto la fotografia per indagare le condizioni politiche e sociali del dopoguerra nel suo Paese e avviare una fondamentale riflessione sulla nozione di identità mediata dallo strumento artistico: tematiche quali la sessualità, i ruoli sociali e la memoria rappresentano nella sua opera il passaggio obbligato attraverso il quale si ridefinisce il passato e il presente di una cultura millenaria.
Zaatari è anche tra i fondatori della Fondation Arabe pour l’Image, un’organizzazione no-profit che si propone di raccogliere e presentare la produzione fotografica commerciale del Medio Oriente dal XIX° secolo fino ad oggi. A dieci anni dalla nascita, la fondazione oggi possiede più di 70.000 immagini e rappresenta non solo un importante punto di riferimento per l’arte araba contemporanea ma anche una particolare prospettiva di studio per il mondo occidentale, abituato sempre di più a pensare alla cultura musulmana in termini di violenza e brutalità. Il ruolo della fondazione, infatti, non è solo quello di collezionare le immagini del passato, ma anche e soprattutto quello di ri-contestualizzarle nel presente per svelarne i significati nascosti e ridefinirne il valore attraverso lo sguardo della contemporaneità.
In questo senso, il cinema per Zaatari non è altro che il naturale prolungamento dell’immagine fotografica e i suoi due documentari, Majnounak e Shou Bhebbak, proseguono la sua personale riflessione sui modelli della società libanese contemporanea: entrambi i film presentano delle interviste ad alcuni giovani libanesi che raccontano davanti alla macchina da presa il proprio modo di vivere il corpo e i rapporti di coppia: gli uni rivelano ingenuamente la violenza degli archetipi maschili riguardanti la sessualità e l’influenza della nuova società dei consumi; gli altri, omosessuali in una società in cui l’omosessualità viene punita con la prigione, confessano i propri desideri più intimi e nascosti.
Due eccellenti testimonianze provenienti da un mondo pressochè sconosciuto, il Libano, molto diverso dall'immagine che ci propinano i media. Qui sotto troverete un video di YouTube dove potete ascoltare il regista in persona, ospite di una passata edizione del festival brasiliano Videobrasil di São Paulo.
Buone visioni!
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